
Cetta Brancato, affermata autrice, trasporta il lettore, con la sua notevole capacità narrativa, nel clima asfittico della provincia siciliana degli anni sessanta, compressa da ruoli sociali irrisolvibili, un giovane fauno della morte incontra l’ultimo erede di una famiglia aristocratica, gravato dallo statico bagaglio del passato. Il ritmo narrativo sostenuto da voci maschili, s’inoltra nella cultura matriarcale dell’isola e, in particolare, nella vita di cinque sorelle che determinano, seppure già morte, la cifra stilistica del romanzo. Celato da un linguaggio ordinario, il tema onirico sconfessa la memoria, caro vecchio porto della cultura siciliana, evidenziando il tradimento che opera nel rapporto fra l’esistere e il non esistere.
Ancora ad una nuova voce femminile, la cui coscienza dipana e ricompone, custodendole, la vita e la morte, viene affidato il compito di svelare la nudità della storia.
È bella Adelina con la veletta del Venerdì Santo che era della madre. Che diceva di voler portare con sé nell’ultimo viaggio. Lo diceva, sì. A suo modo. Lo sapevano tutti dove l’aveva conservata, insieme al corredo di morte.

